Matera’s shooting

“…Dentro quei buchi neri dalle pareti di terra vedevo i letti, le misere suppellettili, i cenci stesi. Sul pavimento erano sdraiati i cani, le pecore, le capre, i maiali. Ogni famiglia ha in genere una sola di quelle grotte per abitazione e ci dormono tutti insieme, uomini, donne, bambini, bestie…”

(Carlo Levi – “Cristo si è fermato ad Eboli”- 1945)

Matera dove viveva una civiltà di valori soffocata dalla miseria. Da “Vergogna d’Italia” a “Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’UNESCO” quale testimonianza di “Paesaggio Culturale” di eccezionale valore culturale ed antropologico.

CENNI STORICI

I primi insediamenti umani si svilupparono utilizzando le grotte naturali presenti in gran numero su tutto il territorio dell’altopiano della Murgia. Nel corso del tempo, alle grotte naturali si sono aggiunte quelle realizzate dall’uomo che è riuscito a scavare e modellare la friabile roccia (calcarenite) e creando insediamenti al riparo dagli agenti naturali.

I primi insediamenti rupestri risalgono tra il paleolitico e neolitico e molte caverne sono state vissute senza interruzione dall’età del bronzo fino ai giorni nostri. Gli insediamenti rupestri che costituivano la prima forma del nucleo urbano, sono ancora oggi presenti con ambienti inglobati dentro edifici e fabbricati costruiti fuori terra dal medioevo in poi.

Diversi sono i popoli e le culture che si sono susseguiti nel corso dei secoli. Dalla Civiltà Rupestre a quelle della Magna Grecia, Bizantina ed Orientale, fino all’avvento dei Normanni.

Il nucleo urbano originario della città, a partire dalle grotte naturali scavate nella roccia e successivamente modellate in strutture sempre più complesse, si è sviluppato all’interno di due grandi anfiteatri naturali affacciati sulla gola creata dal Torrente Gravina.

La città è composta da tante aree diverse. Da una parte ci sono i Sassi (Barisano e Caveoso) e la Civita (che li divide), che costituiscono il nucleo originario della città e compongono la sua parte più antica. Dall’altra c’è la zona contemporanea, sorta nella seconda metà del Novecento dopo lo sgombero degli stessi Sassi. Nel mezzo la Matera nata tra Sette e Ottocento, durante un periodo di crescita e prosperità con architetture e sistemazioni urbane di particolare qualità ed originalità che vanno dal romanico, al rinascimento, al barocco.

La struttura architettonica della città è costituita da due sistemi, quello immediamente visibile realizzato con le stratificazioni successive di abitazioni, corti, ballotoi, palazzi, chiese, strade orti e giardini, e quello interno e invisibile costituito da cisterne, neviere, grotte cunicoli e sistemi di controllo delle acque, sistemi che erano essenziali per la vita e la ricchezza della comunità.

Originariamente l’ambiente rupestre era molto simile a quello che si trova di fronte, sull’altro lato del canyon all’interno del Parco della Murgia Materana. Matera si sia sviluppata sui Sassi perché rispetto all’altopiano della Murgia lo strato di calcarenite è più abbondante e perché questo versante del canyon presenta una serie di terrazzamenti, colline e pianori più adatti all’insediamento umano, luoghi che nel corso dei millenni sono stati trasformati da villaggi rupestri in una vera e propria città.

Con l’avvento del Cristianesimo, durante tutto il medioevo, il paesaggio rupestre fu sistematicamente trasformato con la costruzione di imponenti luoghi di culto tra i quali la maestosa Cattedrale di Matera, la chiesa di San Giovanni Battista, la Chiesa di S. Domenico, la Chiesa di Santa Maria della Valle Verde sulla via Appia.

Da questo momento in poi prende forma un vero e proprio nucleo urbano concentrato inizialmente intorno alla Cattedrale che si trova in cima alla collina della Civita (Civitas).

COSA VEDERE A MATERA

I Sassi di Matera. I due quartieri di Matera unici da essere considerati patrimonio UNESCO: Sasso Caveoso e Sasso Barisano dove si trovano le “Case-Grotta”.

Piazza Vittorio Veneto. E’ la piazza principale di Matera e sotto al bianco lastricato ci sono ben tre meraviglie materane: il Palombaro Lungo, una enorme cisterna ipogea scavata nella roccia (ingresso a pagamento), l’Ipogeo Materasum un ambiente sotterraneo scavato nella roccia e recentemente restaurato e la 19ma Buca un’antica cisterna su due livelli in cui quello più basso è stato allestito un “green” con erba sintetica: la diciannovesima, buca nel golf non esiste ma rappresenta il punto d’incontro, lo stare insieme, la socialità, il relax. Il locale è attualmente un ristorante gourmet con cantina, sala musica. Vicino alla Chiesta del Mater Domini si trova il Belvedere Luigi Guerricchio.

Piazza Duomo e la Cattedrale. Piazza Duomo si trova su uno dei punti più alti della città e del centro storico ed è il cuore della Civita. Dalla sua piazzetta è possibile ammirare l’intero Sasso Barisano dall’alto. La Cattedrale è dedicata alla SS. Madonna della Bruna e a Sant’Eustachio è un edificio dalla facciata semplicissima realizzata nel XIII° secolo in stile romanico pugliese e si affaccia su uno dei più bei belvedere di Matera. L’interno è sontuoso, ricco di dettagli barocchi bianchi e dorati tra cui l’affresco del Giudizio Finale e il presepe scavato nella roccia

Via delle Beccherie. Una delle più note del Sasso Barisano. Deve il suo nome alle antiche macellerie (beccherie) che vi si affacciavano, ma oggi è ricca di negozi e locali.

Chiese Rupestri. Matera è circondata da circa 150 chiese rupestri alcune delle quali sono dei veri e propri capolavori di architettura in negativo.

Casa Grotta nei Sassi. “Casa-Grotta” di Vico Solitario con una ricostruzione di suppellettili utilizzati dai contadini fino agli anni ‘50 con tanto di arredi e animali. Ingresso a pagamento.

Castello Tramontano. Il Castello Tramontano, del 1500 in stile aragonese, sorge su una delle colline situate a pochi metri dal centro della città e dalle sue torri è possibile ammirare un bellissimo panorama. Da qui sgorga parte dell’acqua sorgiva che giunge al Palombaro Lungo. E’ aperto al pubblico solo in occasioni speciali.

Via Madonna delle Virtù e Piazza San Pietro Caveoso. Il punto panoramico migliore per vedere il torrente Gravina e il suo canyon (o gravina, appunto) e il Parco della Murgia Materana con le prime chiese e case rupestri scavate nella calcarenite

Piazzetta Pascoli. Da questa posizione è possibile ammirare i rioni Civita e Sasso Caveoso in tutto il loro splendore.

I Sassi in miniatura. In via Fiorentini 82 una scultura del Maestro Rizzi che riproduce i Sassi di Matera in maniera perfetta. L’ingresso è gratuito solo offerte spontanee.

Parco Regionale della Murgia Materana. Uno dei parchi rupestri che meglio testimonia l’antico rapporto tra uomo e natura con reperti preistorici e le chiese rupestri. Dal Belvedere di Murgia Timone si possonoammirare i Sassi e Matera. Il belvedere è raggiungibile con autobus o in auto ma l’ultimo tratto solo a piedi. A piedi invece si raggiunge su un percorso di trekking di circa 1,5Km che attraverso il ponte tibetano si può scalare la Murgia e arrivare al belvedere. Il percorso è un po’ impegnativo, specie nel ritorno, e sono necessarie scarpe adatte.

I SASSI

La Storia di Matera si identifica con la storia dei “Sassi”.

Il termine “saxum” in latino sta ad indicare una pietra, un masso ma soprattutto una rupe, una parete rocciosa e scoscesa di un monte quando con il termine si vuole indicare un luogo.

Da qui i nomi di “Sassi” per i due rioni “Sasso Barisano” e “Sasso Caveoso” che costituiscono il nucleo più autentico e antico della città di Matera in quanto realizzati su una rupe, uno sperone di roccia, sul canyon formato dal torrente Gravina.

Il nome “sasso” è riferito al nucleo abitativo e non ai locali ed alle abitazioni che sorgono all’interno di tali rioni.

Il Sasso Barisano, prende il suo nome proprio per la sua posizione essendo orientato verso nord-ovest, lungo la strada che dalla città prosegue verso Bari. Il Sasso Caveoso, orientato verso sud, prende il nome dalla città di Montescaglioso, nota nel medioevo come “Mons Caveous” o dalla presenza di molte grotte “caveosus” scavate dall’uomo nella roccia.

Le abitazioni nei Sassi sono state abbandonate a partire dal 1952. Fu il romanzo “Cristo si è fermato ad Eboli” di Carlo Levi ad attirare l’attenzione dell’Italia e dei suoi politici su questo angolo della Basilicata dove le condizioni igienico sanitarie, di quello che è ora il centro storico, erano insostenibili e il tasso di mortalità infantile era elevatissimo.

Il 1° aprile 1948, Palmiro Togliatti in visita Matera parlò di “vergogna nazionale”. Il 23 luglio 1950, il Primo Ministro, Alcide De Gasperi, in visita al Sasso Barisano, vedendo le condizioni di vita degli abitanti e la loro miseria, pensò subito allo sfollamento. Con una legge speciale del 1952 vengono realizzati nuovi rioni nella cosiddetta “città del piano” e circa diciassettemila persone vengono trasferite dai Sassi.

Il “Cristo” di Levi però faceva vedere anche l’altra Matera, una Matera in cui viveva una civiltà di valori soffocata dalla miseria, valori che potevano e dovevano essere riconosciuti e conservati.

In realtà la storia di povertà è davvero una brevissima parentesi nella lunga storia di questa città. Il sistema di vita tra i sassi è stato un bellissimo esempio di ingegneria edilizia e di vita di comunità ecosostenibile che ha permesso alla città di crescere e ai suoi abitanti di avere una vita, chi più chi meno, dignitosa. Le cose sono iniziate a peggiorare nell’Ottocento fino ai primi anni del dopo guerra con la denuncia delle misere condizioni di vita degli abitanti a causate da un sovraffollamento e dalla mancanza di tecnologia che ha reso la vita nei sassi inadeguata alle condizioni moderne.

LA VITA NEI SASSI

La vita si risolveva essenzialmente negli anfratti e negli antri dei due rioni che poi sarebbero stati scavati e ingranditi all’interno e all’esterno con i materiali di risulta.

Le abitazioni erano scavate l’una sopra l’altra nella roccia. Il soffitto costituiva il pavimento della casa superiore, e a sua volta era porzione di un ulteriore spazio e così via. Come un alveare nella roccia, un reticolato di pietra e scalette che vi consentivano l’accesso. Con il materiale scavato si realizzava la parte anteriore dell’abitazione, andando cosi a chiudere la grotta. Da qui il nome “casa-grotta”.

Spesso erano limitate a un’unica stanza o a pochi vani che si susseguivano l’uno dentro l’altro.

Nelle case, la luce arrivava dall’alto e la temperatura era costante a 15 gradi, con la massa termica della pietra che funzionava da climatizzatore. D’estate i raggi del sole, perpendicolari e roventi, rimanevano fuori, d’inverno, obliqui, scivolavano sul fondo delle grotte.

Senza elettricità, senza fognature, senza acqua potabile, con aria e luce proventi quasi esclusivamente dalla porta d’ingresso.

Il sacrificio e la capacità di adattamento permetteva agli abitanti (contadini, artigiani, operai, piccoli commercianti) di affrontare la vita e superare le avversità.

Fondamentale, in un contesto del genere, era la solidarietà che permetteva l’esistenza delle famiglie.

 Eccezionale modello di vita sociale, della solidarietà e della collaborazione nei Sassi erano i “vicinati”, cioè i piccoli quartieri costituiti da un insieme di abitazioni che affacciavano su uno stesso spiazzo, spesso con il pozzo al centro. Il pozzo comune dove si lavavano i panni, il forno dove si impastava il pane facevano del vicinato la cellula fondamentale dell’organizzazione comunitaria. Tutti si conoscevano e, all’occorrenza, si sostenevano.

Per comprendere meglio le condizioni abitative è possibile oggi visitare una delle tante case-grotte trasformate in case museo:

Casa di Vico Solitario nel Sasso Caveoso: Originaria del 1700, un unico ambiente, con una volta a botte una porta d’ingresso e una piccola finestra le uniche fonti di luce e aria della struttura. Qui convivono uomini e animali in particolare il mulo e le galline. Il mulo, una delle ricchezze delle famiglie contadine, ha una sua nicchia e in un’altra piccola nicchia si conserva lo stallatico che aiuta a scaldare la casa. L’arredo è semplice, un grande letto con un materasso riempito con foglie di granoturco, sollevato dal pavimento per evitare l’umidità ma anche per poter ospitare, al di sotto, la chioccia con i pulcini. Ai piedi del letto la culla del bambino più piccolo usata solo di giorno, la notte diventa il letto per i fratelli più grandi, così come il comò che oltre a contenere i pochi indumenti della famiglia viene aperto durante la notte per trasformarsi in letto per i bambini. Il cassone del grano contiene il grano per realizzare il pane, i legumi e la biada per gli animali. La cassa del corredo contiene la dote della moglie, la sera anche questi mobili vengono trasformati in giacigli per i bambini. La cucina era piccola e in una nicchia. Nella parete mensole scavate nella calarenite ed appesi gli utensili di uso quotidiano. La famiglia consuma i pasti attorno ad un piccolo tavolo con un unico piatto centrale da cui condividere il cibo. Durante l’inverno si affittava il telaio per la tessitura e la lavorazione del cotone per realizzare gli indumenti e la dote delle ragazze.

In casa era sempre presente un braciere non solo per riscaldare ma soprattutto per combattere la forte umidità. La casa era umida e, nelle giornate piovose, era necessario raccogliere lo stillicidio dell’acqua in un catino e spostare il letto di bambini

La casa-grotta non è dotata di servizi igienici né di acqua potabile, ma nel pavimento veniva realizzato un sistema di canalizzazione per lo scolo delle acque piovane

Le famiglie erano numerose e la casa di Vico solitario ha ospitato nuclei familiari composti di undici persone ed è stata abitata fino al 1956

Solo durante gli anni 50 si viene a conoscenza che il mulo attira l’anofele della malaria, ossia la zanzara che trasmette la malattia all’uomo. La mortalità infantile, negli anni precedenti allo sfollamento, era altissima, il tracoma e la malaria colpivano con particolare durezza i bambini.

LE SEI CHIESE RUPESTRI PIÙ BELLE

Madonna delle Virtù e San Nicola dei Greci. Interamente scavata nella roccia, estesa per 1300 metri quadri, è un esempio eccezionale di architettura in negativo e si presenta proprio come una basilica a tre navate in stile romanico. Si sviluppa in due piani lungo la via principale del Sasso Barisano. Al piano inferiore il Monastero del X secolo con la chiesa dedicata alla Madonna e completamente spoglio. Dopo l’abbandono dalle monache, nel tardo 700, gli ambienti sono stati usati dai contadini come deposito di derrate alimentati e per la conservazione del vino. Al piano superiore la cripta ha un’impostazione architettonica tipicamente bizantina, con preziosi affreschi fra cui spiccano la Crocifissione e il trittico dei Santi Nicola, Barbara e Pantaleone.

Santa Maria de Idris. Deve il suo nome alle conche presenti all’ interno per la raccolta dell’acqua. La piccola chiesa della Madonna delle Acque (o Odigitria, “guida della vita” nella tradizione greca), ha come punto di forza la posizione panoramica che con la sua croce in ferro sulla cima della roccia domina il Sasso Caveoso, tutta la città e l’altopiano murgico. Affreschi realizzati fra il XV e il XVI secolo, un dipinto settecentesco raffigurante una Madonna con Bambino. Attraverso un cunicolo si accede alla cripta di San Giovanni in Monterrone. Anch’essa affrescata e originariamente un luogo di sepoltura.

Santa Lucia alle Malve. Deve il suo nome alla malva che cresceva spontanea nei dintorni. Situato nel sasso Caveoso, nel caratteristico rione Malve, il complesso è stato sede del primo insediamento monastico femminile dell’Ordine Benedettino a Matera (IX sec.). Sulla facciata sono scolpiti tre calici con gli occhi della Santa, protettrice della vista. L’interno, a tre navate, presenta numerosi affreschi datati a partire dal 1200. Particolare la tenera Madonna del Latte. Sul piano sovrastante è stata rinvenuta una necropoli nota come cimitero barbarico (VIII-XI sec.) La chiesa, negli anni successivi al suo abbandono, nel 1283, è stata utilizzata come abitazione privata; lo dimostrano la particolarità della roccia e gli affreschi tagliati per ricavare una cucina

San Pietro Barisano. La più grande chiesa rupestre presente a Matera. Il suo primo nucleo (XII sec.) è stato più volte modificato; la forma attuale, compresa la facciata costruita, risale al XVIII secolo. All’interno si osservano, oltre a statue, altari, affreschi e suppellettili di pregio, la fossa per la fusione delle campane. Gli ambienti sotterranei sono dedicati alla scolatura dei cadaveri, pratica funebre riservata ai religiosi: i corpi collocati dentro delle nicchie e rimossi solo al termine della decomposizione. Suggestivo il campanile a picco sulla roccia.

Cripta del Peccato Originale. Fuori dal centro abitato, fra vigne, ulivi e campi di grano a strapiombo sulla Gravina, la cripta del Peccato Originale è uno spettacolo sorprendente: un unico ambiente interamente affrescato con colori brillanti e grande maestria dal cosiddetto “pittore dei fiori”, anonimo artista vissuto intorno al IX secolo, che ha impreziosito i suoi soggetti sacri con raffinati motivi ornamentali. L’impatto estetico ed emotivo è tale che il luogo di culto è noto come Cappella Sistina dell’arte rupestre.

Madonna delle Vergini. Fuori dal centro abitato. Una piccola cappella in un luogo incantato. Si raggiunge con un’escursione a piedi da Porta Pistola, attraverso il vallone della Gravina, o in macchina in località Murgecchia. Eccezionale la vista sui Sassi in lontananza. L’interno, tuttora adibito al culto, presenta due altari in pietra dipinta e un’acquasantiera scavata nella roccia.

LA CUCINA MATERANA

Il pane di Matera. Croccante all’esterno, morbido all’interno e dalla fragranza inconfondibile, da solo, o accompagnato da qualche salume, basterebbe per un pranzo semplice e felice. Oppure come bruschetta o, ancora, all’interno di diverse ricette. Fonda le sue origini nel regno di Napoli, si usa esclusivamente semola di grano duro, lievito madre, sale e acqua e si cuoce nel forno a legna. Le pezzature sono generalmente da 1 o 2 kg

I peperoni cruschi. Questi peperoni (generalmente dell’area di Senise) vengono fatti essiccare al sole e poi fritti prima di essere serviti. Si tratta di una vera e propria patatina fritta al gusto di peperone. Sgranocchiati come snack, protagonisti di tantissime ricette, ripieni o aggiunti macinati alla pasta.

Pezzente della Montagna Materana. Il Pezzente è un salame dalle origini povere con carne proveniente solo da maiali particolarmente ricco di grasso. Oggi anche slow food con una buona fetta di pane di Matera o nel sugo “rosso” preparato per condire la pasta fresca.

La crapiata materana. La crapiata è uno dei piatti più antichi e significativi. Le sue origini risalgono addirittura al tempo dei romani. Si tratta di una zuppa di legumi mista che veniva preparata soprattutto alla fine del raccolto. Ci si riuniva nei vicinati dei Sassi ed ognuno dei vicini portava con sé un legume di propria coltivazione da aggiungere all’interno del calderone che cuoceva: fagioli, ceci, cicerchie, piselli, fave, grano, pomodorini e cipolle. Tutti insieme preparavano e mangiavano la crapiata accompagnandola con del vino rosso della zona. Il 1° Agosto si celebra la sagra che ricorda quei giorni.

Cutturidd (la pignata). La pignata, conosciuta anche come cutturidd o semplicemente come pecora alla materana. Le versioni della ricetta sono numerose e tutte diverse, ma gli ingredienti principali sono la pecora (c’è chi adopera l’agnello), le patate, le cipolle, le erbe aromatiche selvatiche della Murgia, pancetta, scorze di formaggio e fondi di salumi avanzati. Il tutto viene fatto cuocere lentamente in un contenitore di terracotta (la pignata, appunto). La tradizione vorrebbe che la pignata venisse chiusa non con un coperchio, ma con della pasta di pane.

La cialledda. La cialledda si tratta di una ricetta del riuso a base di pane raffermo. Ne esistono due versioni: una fredda e una calda. Per la cialledda fredda il pane ormai raffermo viene ammollato nell’acqua e condito con pomodorini, cipolle e origano. Questo piatto è conosciuto anche come “colazione del mietitore” perché veniva consumato dai contadini. Spesso venivano aggiunti anche altri ortaggi. La ricetta della cialledda calda, invece, prevede che il pane ammollato venga fatto cuocere insieme alle verdure (cime di rapa o cicorie) con l’aggiunta di un uovo che aiuta a far amalgamare il tutto.

 Fave e cicoria. Dalla tradizione pugliese è fave e cicoria, piatto della tradizione contadina: il piatto è composto da pane, una purea di fave accompagnata da cicoriette bollite e ripassate in padella.

 Le orecchiette alla materana. Le orecchiette alla materana sono un altro dei piatti tipici dei Sassi. La pasta viene condita con un sugo di agnello, pecorino, mozzarella e poi infornata. In un’altra versione le orecchiette vengono condite con funghi cardoncelli e salsiccia.

Ravioli di pezzente e fagioli di Sarconi. Un primo piatto saporitissimo e sostanzioso che coniuga alla perfezione diversi ingredienti poveri tipici del territorio lucano: Pasta di semola, salsiccia pezzente della montagna materana, fagioli di Sarconi, salsa di pomodorino

Gli gnummiredd. Si tratta di involtini di interiora di agnello a volte ripieni di formaggio pecorino, prezzemolo, aglio ed erbe. Nella versione XL si ha il cazzomarro ed è più grande.

La pasta fatta in casa. Oltre alle orecchiette ci sono le strascinate, i cavatelli, i fusilli e tanti altri formati. I condimenti sono i più svariati: dalle cime di rapa ai peperoni cruschi, fino al semplice sugo.

Focaccia alla chianca. Lo street food preferito dai materani: una focaccia di grano duro, cotta direttamente sulla pietra refrattaria del forno a legna. Alta e croccante, condita solo con pomodorini freschi e olive.

Lo sporcamuss. Un dolce composto da due strati di pasta sfoglia ripieni al centro di crema pasticcera. Fortunati se ci si sporca solo la bocca.

Le strazzate. Biscotti che prendono il nome dal modo in cui vengono preparati: le palline di pasta, infatti, vengono letteralmente “strappate” in maniera grossolana prima di essere infornate. Si preparano confarina, zucchero, mandorle e cioccolato (o cacao).

Le pannarelle. Le pannarelle, nel periodo pasquale, sono ottenute con un impasto di pasta frolla, al quale vengono date le forme più variegate (cestino, colomba, coniglio ecc..). Al centro viene posizionato un uovo, simbolo di rinascita. Adatte per lo street food, le famiglie materane usano prepararle come dolce per le scampagnate del Lunedi Santo.

CURIOSITA’

Nel 1993 l’UNESCO dichiara i Sassi di Matera Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Questi i motivi del riconoscimento: la straordinaria rete idrografica di captazione e distribuzione delle acque, oltre al sistema geniale di utilizzo dell’energia, l’organizzazione sociale e comunitaria degli spazi e i percorsi urbani, le caratteristiche uniche di abitare e di proteggere l’ecosistema. I Sassi di Matera costituiscono infatti un eccezionale esempio di accurata utilizzazione nel tempo delle risorse fornite dalla natura: acqua, suolo, energia. Pietro Laureano, consulente UNESCO, con le sue ricerche e studi sui Sassi, fu protagonista nel promuovere, unitamente alla protezione dei monumenti e dei centri storici, anche la protezione degli ecosistemi come modello di sostenibilità per la città del futuro.

Capitale della Cultura per il 2109. Con sette voti su 13, il 17 Ottobre 2014 la Giuria internazionale di selezione composta da 13 membri (sei italiani e sette stranieri) ha designato Matera Capitale Europea della Cultura per il 2019.  La Capitale europea della cultura è un’istituzione nata nel 1985 per promuovere la conoscenza del patrimonio storico-artistico e culturale dei Paesi membri dell’Ue. La prima è stata la capitale greca Atene, mentre l’Italia è stata rappresentata in passato da Firenze nel 1986, Bologna nel 2000 e Genova nel 2004.

Conchiglie. dove ora c’è Matera prima c’era il mare ed è facile scovare conchiglie sulle pietre delle abitazioni e sul selciato in particolare in prossimità del Duomo ma rischiano di passare inosservate.

Coppi e ossa. L’acqua, bene prezioso, non poteva assolutamente essere sprecata e i sistemi di incanalamento e raccolta delle acque piovane erano davvero all’avanguardia dell’ingegneria idraulica. Tra i vari supporti venivano utilizzati dei coppi a mo’ di canaline dell’acqua e a volte trovate anche delle ossa. Tutto veniva riciclato.

Cucù. Uno dei simboli di Matera, il Cucù è un galletto in terracotta a forma di fischietto decorato. Spesso veniva regalato alle fanciulle come pegno di amore e più era colorato e decorato più l’amore del ragazzo era grande. Il fischietto serviva anche per allontanare la sfortuna e divenne anche un simbolo di fertilità da regalare ai matrimoni. Oggi un piccolo souvenir di Matera da portare a casa e se scaccia la fortuna ancora meglio.

Falco Grillaio. Altro simbolo di Matera è il falco Grillaio, tipico della Murgia e in pericolo di estinzione. Per questo tra i Sassi si trovano numerosi nidi in legno per aiutare la riproduzione di questo piccolo rapace.

I timbri del pane. Era abitudine che ogni famiglia preparasse in casa l’impasto del pane per poi cuocerlo nel forno comune. Per distinguere le proprie pagnotte, ogni famiglia lasciava un segno sulla pasta con un timbro in legno intagliato con un simbolo. Alcuni incidevano una lettera, solitamente l’iniziale del capo famiglia, altri un simbolo in grado di essere riconosciuto anche da chi non sapesse leggere. Il timbro aveva eventualmente anche un elemento decorativo, dal galletto di Matera alla croce, dai simboli religiosi a quelli legati alla fortuna, alla prosperità o alla natura in generale. Quest’usanza durò fino agli anni 50.

I timbri del pane sono legati anche a un’usanza romantica. I ragazzi erano soliti regalare un timbro alle ragazze per chiedere la loro mano a modo di anello di fidanzamento. Rifiutare il timbro significava rifiutare la proposta di matrimonio. Alcune botteghe dei Sassi realizzano ancora i timbri del pane, anche personalizzati, come souvenir.

Giovanni Pascoli: “Io discesi una notte fra foreste paurose al lume della luna, cullato dalla carrozza, dalle dolci monotone canzoni del postiglione”. Cosi descrive l’arrivo a Matera il “Poeta del fanciullino” al suo primo incarico di professore di latino e greco al liceo ginnasio “Emanuele Duni” dal 1882 al 1884. Per lui non fu un’esperienza felice dovendo lasciare, a 27 anni, la sua casa in Romagna e le sue sorelle: “Un’Africa ostile, un esilio forzato in attesa di tempi migliori”

La pietra: La pietra di Matera si chiama calcarenite che è una roccia sedimentaria clastica, formata da particelle calcaree delle dimensioni della sabbia molto facile da scavare e da lavorare. Le case di Matera non sono scavate nel tufo come alcune volte viene riportato, che è una pietra di origine vulcanica (in abbondanza nei borghi della Tuscia).

I FILM GIRATI A MATERA

La lupa (1953) diretto da Alberto Lattuada e tratto dalla novella di Giovanni Verga. Fu girato in città dopo lo sfollamento del 1952. La storia originariamente è ambienta in Sicilia.

Il Vangelo secondo Matteo (1964) è uno dei capolavori di Pier Paolo Pasolini. La città e i suoi Sassi si trasformarono nell’antica Gerusalemme e nella Terra Santa.

Anno uno (1974) diretto da Roberto Rossellini e racconta la storia di Alcide De Gasperi che firmò la legge dello Sfollamento dei Sassi dopo averla visitata di persona.

Cristo si è fermato a Eboli (1979) diretto da Francesco Rosi. Il film, vincitore di due David di Donatello, racconta la vita di Carlo Levi, interpretato da Gian Maria Volontè, autore del libro, durante il confino politico ad Aliano, in Lucania, nel 1935.

Tre fratelli, (1981) diretto da Francesco Rosi. Il film vincitore di 5 David di Donatello e una nomination agli Oscar come miglior film straniero. Una storia realistica drammatica che racconta di tre fratelli che tornano nella loro città natale per il funerale della madre.

King David (1985) diretto da Bruce Beresford con un giovane Richard Gere. I Sassi si trasformano nella Terra Santa, per raccontare la storia di Re Saul e Re Davide, sovrani d’Israele.

Il sole anche di notte (1990) diretto dai fratelli Taviani è un film tratto dal racconto del 1911 di Lev Tolstoj – Padre Sergij – ambientato nel 700.

L’uomo delle stelle (1995) di Giuseppe Tornatore con Sergio Castellitto e Tiziana Lodato, candidato all’Oscar come miglior film straniero e girato di fronte alla chiesa di San Pietro

La passione di Cristo (2004) diretto da Mel Gibson che racconta le ultime ore di Gesù. Girato tra le sue strade ed in particolare via Madonna delle Virtù con lo sfondo sul belvedere.

Omen – Il presagio (2006), diretto John Moore, film horror che racconta la reincarnazione dell’Anticristo in una cittadina israeliana.

Ben-Hur (2016) diretto da kazako Timur Bekmambetov remake del colossal del 1959.

Veloce come il vento (2016) di Matteo Rovere con Stefano Accorsi che racconta la storia di alcuni fratelli appassionati di auto e di corse. Una delle scene più adrenaliniche è girata proprio tra i Sassi.

Wonder Woman (2017) diretto da Patty Jenkins. Ambientato nella città delle Amazzoni, Themyscira, dove cresce la giovane principessa Diana, la futura Wonder Woman. Girato nella città, tra Sassi, vie e salite, si può vedere benissimo la piazza di San Pietro Caveoso, modificata solo in parte dalla computer grafica.

Moschettieri del re – La penultima missione (2018) diretto Giovanni Veronesi con Pierfrancesco Favino, Rocco Papaleo, Valerio Mastranderea e Sergio Rubini. l film, a metà tra comicità e avventura, racconta le vicende dei tre moschettieri intenti a salvare il sovrano francese Luigi XIV

Maria Maddalena, (2018) diretto da Garth Davis con Rooney Mara racconta la storia della protagonista in Terra Santa.

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